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Acquaforte
Enrico Baj, Folla (particolare), 1985, acquaforte in 100 esemplari, 80 x 120 cm
L’acquaforte è un antico procedimento di stampa artistica. Consiste nello scalfire con lieve pressione lo strato protettivo (solitamente di cera vergine annerita con nerofumo) di una lastra di rame o di zinco.
L’artista, servendosi di una punta di acciaio che fuoriesce da un cilindretto di legno a mo’ di penna, incide il suo disegno tenendo presente che risulterà speculare nella stampa. Si procede tratteggiando con segni più o meno fitti per ottenere l’effetto di un disegno a penna. La lastra così disegnata viene immersa in un acido, solitamente nitrico che, laddove l’artista ha scalfito la cera, scava dei solchi nella lastra più o meno profondi a seconda del tempo che il metallo resta nel bagno. Interrompendo il processo chimico e coprendo con una vernice grassa i tratti che si vogliono più leggeri, si può reimmergere la lastra nell’acido, per ottenere tratti più scuri.
La lastra così incisa sarà ricoperta di inchiostro da stampa, poi ripulita, lasciando l’inchiostro esclusivamente nelle parti scavate dall’acido. Per la stampa ci si serve di un torchio dove la lastra, fermata su un ripiano, coperta da un foglio di carta umida, viene sottoposta alla pressione di un cilindro che, scorrendo su di essa, schiaccia la carta e produce il passaggio dell’inchiostro dai tratti incisi sulla lastra alla carta stessa.
Acquatinta
Piero Dorazio, Color fax (particolare), 1990, acquatinta in 100 esemplari, 78 x 96 cm
Il sistema per produrre stampe dette “acquatinte” consiste nel versare una pioggia di finissimi granelli di sale sulla lastra metallica ricoperta di cera vergine, come per l’acquaforte, e scaldata sul retro.
Il sale, penetrato nella cera calda, viene poi eliminato sciogliendolo con un lavaggio in acqua, producendo nella cera stessa una texture di minuscoli forellini attraverso i quali passerà l’acido nitrico. L’artista dipingerà con una vernice grassa, coprendo per prime le parti che dovranno restare bianche, per poi procedere con successive morsure nell’acido e successive coperture di vernice, via via per ottenere le tonalità desiderate, dai grigi più chiari ai neri profondi.
Acquaforte e acquatinta sono spesso utilizzate insieme, in quanto il procedimento di stampa è lo stesso, sulla stessa matrice o su matrici diverse, poi stampate anche con vari passaggi e con inchiostri di colore diverso per ottenere il risultato che l’artista si era prefissato.
Litografia
Alexander Calder, Girandola (particolare) Litografia in 100 esemplari, 1972 - 75,5 x 56 c
La parola litografia viene dal greco ”lithos” (pietra) e ”graféin” (scrittura). La litografia impiega infatti uno speciale tipo di pietra – carbonato di calcio, che ha una struttura molto compatta – perfettamente levigata, per produrre le sue matrici da stampa.
I carbonati di calcio hanno la caratteristica di assorbire i grassi e sono sensibili all’azione degli acidi.
Sfruttando queste proprietà l’artista procede a disegnare direttamente sulla pietra usando matita grassa o inchiostro, sempre grasso. La superficie della pietra viene poi trattata con una soluzione acquosa di acido che, rifiutata dal grasso del disegno, rende ruvide (e quindi accoglienti per l’acqua) le superfici lasciate bianche.
Sulla pietra poi ripulita e bagnata con acqua, si distribuisce l’inchiostro passandovi un rullo di caucciù che lascia l’inchiostro soltanto dove non viene rifiutato dall’acqua, quindi sul disegno.
La carta, una volta pressata dal torchio, riprodurrà perfettamente i tratti che l’artista ha disegnato sulla pietra.

Identico procedimento si può realizzare oggi usando lastre di metallo – zinco o alluminio – che vengono sottoposte a un trattamento di granitura, allo scopo di conferire alla superficie una finitura ruvida che permette l’adesione dell’acqua – e la non adesione dell’inchiostro – sulle parti non ricoperte dal disegno dell’artista.
Disegnando su diverse pietre o lastre i vari colori e successivamente stampandoli sullo stesso foglio si ottengono stampe colorate.
Serigrafia
Valerio Adami, Coniglio (particolare) Serigrafia, 200 copies + XX, 1975 - foglio: 41 x 67 cm - stampa: 28 x 57 cm
Antichissimo procedimento di stampa inventato dai cinesi, consiste nel preparare come matrice un telaio di legno su cui si tendeva un tessuto di seta, oggi si usa il nylon. La preparazione della matrice può avvenire con diversi sistemi: dipingendo con vernice coprente, con pellicole adesive intagliate o con sistemi fotografici, avendo cura di impermeabilizzare le parti che non verranno stampate, lasciando permeabili le parti disegnate dall’artista. L’inchiostro, pressato da una spatola di gomma dal retro del telaio, passa attraverso la trama del tessuto depositandosi sulla carta o su qualsiasi altro materiale. Caratteristica della serigrafia è una stampa “al tratto” senza sfumature, con forti e vellutate tinte piatte. Per ogni colore si prepara un telaio diverso, senza limiti al numero dei colori.